Sipario

Trecentosessantacinque giorni da quel pomeriggio, in un sempre caldo luglio romano, a contare i minuti, intrecciando parole a cui non avresti dato la possibilità di diventare suono e fiato, seduta su una seggiola azzurra di alluminio per niente comoda.

Ma che mi importava?! Troppi pensieri per ascoltare il corpo poco felice di esser messo così.

Dall’altro lato della strada, tu.
Camicia bianca, sorriso da figlio di puttana e passo svelto.
Due tarallini dal finto Sud a placare il mio stomaco. Ed io lì, ferma, con il palazzone del Ministero dell’Economia ad incorniciarti le spalle, spettatrice di una pessima performance sul tuo ultimo palco. E poi, sipario. Soltanto il vento di scirocco ad applaudirti. Il vento, la calma ed il tuo negroni sbagliato che diventava sempre più annacquato, ed inutile, come te, ad ogni passo, per le strade di Roma.

*Ministero dell’Economia e delle finanze