Distanziamento sociale, quarantena o isolamento. Con qualsivoglia termine si desideri indicare questa cosa che ci tiene chiusi in casa… va bene, è lo stesso. O forse no!
Il distanziamento sociale che ci viene richiesto di rispettare rigorosamente, cosi come ripetuto dai microfoni degli attori principali di questa emergenza sanitaria, lo stiamo vivendo con discreto, se non quasi insufficiente, reale distanziamento, se non terribilmente e puramente fisico. Siamo social(i), socievoli e pieni di call da fare, dalla mattina alla sera.
Il lavoro agile – che agile, per me che sono seduta ad un soffio dal frigo e la dispensa… capirete che – ci impegna come non mai. Riunioni in stanze virtuali come non se ne sono mai fatte, ammucchiate di progetti da portare avanti in qualche modo, magari ingegnoso, sicuramente digitale. E nel mentre, le chat aperte per mantenere quel sano rito di commentare in silenzio e al riparo da occhi Senior Director l’andamento della riunione, virtuale sì ma piena di rumori tangibili: masticate, ciabattate e, perché no, anche qualche pisciata. Fortuna che le risate isteriche si possono bloccare all’istante attivando il “mute”… che sia benedetto!
Non può poi mancare l’aperitivo in video, i cin-cin con l’occhio della fotocamera del nostro smartphone, le video chiamate di gruppo screenshottate che a me piacciono un sacco; il ritrovare amici che non sentivi da un tempo immemore e l’organizzare i più disparati digital party per gli amici del cuore che un po’ soffrono la convivenza h24 con papà e mammà; festeggiamo compleanni e lauree senza far incazzare i vari De Luca delle Istituzioni.
Partecipiamo a dirette live dei VIP del momento, assistiamo al palcoscenico di casa Ferragnez, al duetto Pausini-Kakà, ci ingegniamo per rendere ogni #challenge sempre più divertente (per l’immaginario non collettivo, cioè il nostro, punto). Consumiamo Netflix. Ci godiamo casa. Ci dedichiamo alle passioni messe un po’ da parte. Ogni tanto cediamo a qualche “catena di sant’annamo famola, ma solo una”. Commentiamo come grandi esperti ogni cosa. Mastichiamo decreti e poi, come si dice in vulgaris “Tutti Premier cu lu culu de l’autri”.
La popolazione di Venere, me compresa, offre passatempi eccezionali e per ogni genere di utilità. Diventiamo tutte sollevatrici di pesi (e provo una sana invidia per la costanza delle colleghe), dispensatrici di ricette, maghe dei fornelli alla Antonella Clerici che non poteva vivere senza Ca-so (formaggio per i non terroni). E poi, ancora, mamme impazzite tipo la mia e la mia e la mia, all’infinito della quarantena.
Siamo socialmente più attivi (e qualcuno che vive accompagnato lo è anche sotto altri aspetti di sana e purissima attività per il ricambio cellulare, di invidia nazionale). Chi urla all’esplosione dei divorzi, chi all’esplosione delle nascite (che prediligo), chi al boom economico di estetiste e parrucchieri post-anagen senza fine. Chi urla, disperato, “e il turismo?!”.
E poi tutti a chiederci… cosa faremo come prima cosa? Io… una cosa vorrei farla e su quello vorrei investire tutto quello che posso almeno per le prime ore, primi giorni e prime settimane di libertà.
Il digitale ci sta salvando, è vero. La rete ci sta tenendo uniti, ci rende solidali – in termini economici, professionali, sentimentali – ma cosa ne è dei 5 sensi? Della percezione fisica di un abbraccio, di una stretta di mano, di una carezza, di un bacio?! Del loro profumo?! Del godimento della bellezza. Del calore della ceramica bianca di una tazzina di caffè espresso?
Ora coloro le giornate con l’odore di farina, di caffè, di soffritto (ma poco), di menta bagnata al gin, di legna bruciata, di pianoforte (perché profuma lo giuro), di pennarello nero indelebile, di papà che ogni tanto viene a darmi il buongiorno, di torta della mamma. Ma dopo il distanziamento sociale tangibile, io, non lo so…
Vorrei riappropriarmi della mia memoria tattile e riempire la mia enciclopedia del tatto. Vorrei catturare ogni essenza delle cose, degli ambienti e delle persone che mi sono care. Vorrei imprimere e catalogare ogni ricordo futuro legandolo al profumo e alla sensazione di compressione dei miei polpastrelli in quell’istante. Vorrei…
E forse non dovrei dirlo, ma se tu, se proprio Tu me lo chiedi, io te lo dico come finisce la mia lista dei vorrei:vorrei passarti le mani tra i capelli e mentre un treno trapassa la finestra, toglierti gli occhiali, guardarti negli occhi senza provare così tanto imbarazzo da abbassare lo sguardo, respirare a fondo l’odore della tua camera, farmi incorniciare dalla nuvola di fumo che esce dalle tue labbra affamate e sentire, sotto le dita, il rumore delle tue lenzuola che scivolano via.

Lascia un commento