Lo ammetto. Ci sono stati giorni in cui ho ascoltato questa canzone anche venti o trenta volte di fila. Di certo non sono stati giorni in cui la felicità mi baciava le palpebre, ma a differenza di molte canzoni sulla fine di un amore interpretate da Mina – con la sua infinita teatralità – questa mi lasciava sempre qualcosa di buono, in fondo.
Diminuzione della percezione del dolore, maggiore tolleranza al dolore, euforia, stordimento, dipendenza, astinenza e via di nuovo, come oppio.
E forse è vero, non passano mai veramente del tutto quelle cose pesanti che ci portiamo dentro, che sono state fiamma viva e vento forte di tramontana. Resta sempre qualcosa di loro, marchiato a fuoco sul tessuto muscolare che ci risuona in petto.
Non ce ne accorgiamo, ma anche quando respiriamo una nuova primavera, quel qualcosa che non passa e che ci accompagna ad ogni battito, impercettibile, ha cambiato il nostro modo di cogliere un fiore.
Chissà se per sempre.
“Certamente saranno cambiate le tue allegrie sudate” cit.
Non passa

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