Ripassata

Roma, ore 22:29, nei pressi di Piazza Armellini, dietro l’imponente edificio dell’Accademia della Guardia di Finanza.

Mi trovo a riflettere osservando e mangiando per inerzia mozzarelle e “cicorielle” acquistate al Super. Penso alla giornata di oggi, l’agenda stracolma era andata ad intensificarsi nelle scorse settimane, incastrando, come il più perfetto dei puzzle, impegni su impegni, riunioni dietro riunioni e call infinite.

Alle 8:40 di questa mattina, spinta dalla consapevolezza di dover vivere un lunedì tremendo, decido di prendere una bella bicicletta targata Jump, rossa fiammante… sarei arrivata prima in ufficio e certo, nonostante un po’ di smog ingurgitato contro voglia nei miei polmoni, avrei mosso un po’ le anche.

La mattina inizia male, malissimo, ma papà me lo aveva detto, l’oroscopo era buono e anche se non l’avevo letto (non ne ho avuto il tempo), la fiducia in quell’uomo inconsciamente mi aveva dato speranza. Con il susseguirsi delle ore e dello snocciolarsi degli impegni, mi ritrovo dentro le mura di Palazzo Fiano completamente da sola. Esco dall’ufficio a poche manciate di secondi dalle 21:00.

Sono stanca, non vedo l’ora di arrivare a casa e investo 4,70€ del mio stipendio in una pedalata serale: quanto è bella Roma di sera in bici! E mentre alterno la potenza nella gamba sinistra e nella gamba destra, penso alla giornata entusiasmante vissuta oggi, alle persone conosciute e a quanto sapere sono riuscita a rubare da quelle persone, regalando anche un pezzetto del mio pensiero sul nuovo modo di intendere la leadership.

Pedalo, sono stanca e felice… ispirata. Per niente preoccupata del mio frigo vuoto, passo da un santificato Carrefour h24 per prendere qualcosa da buttare giù. Mi avvicino al banco della salumeria e mi faccio convincere da un caro ragazzo con jeans attillati, caviglie scoperte e grosse Nike nere, a prendere una porzione di “cicorielle”.

Un paio di chiamate e rientro a casa. Via tacchi, via giacca, via camicia, via pantaloni. Canottiera e mutande, mi stappo una Weisse e accendo la radio (o meglio YouTube). Ancora sorrido, indosso il tutone, ripensando alla giornata, mentre mi preparo da mangiare. La birra è buona, la mozzarella anche (viene da giù).

Volgo lo sguardo verso il vuoto della finestra e penso a mia nonna che mi raccontava di quando era lei a vivere “dietro la Finanza”, a quando dormivano lei, il nonno, papà e miei zii, tutti dentro la stessa stanza. Non ascolto i suoi racconti da 12 anni, non incontro il suo sguardo da 12 anni, non la abbraccio da tempo infinito e ancora non mi capacito di quanto sono stata stronza a non apprezzare le sue “cicore creste” quando potevo.

Sì, bella Roma la sera in bicicletta, ma quanto cazzo sono belle casa e le cicore paesane ripassate?!

*Cicore creste: cicorie selvatiche